martedì 19 febbraio 2013

Oggi ho capito quanto sia frustrante aspettare. Ma non aspettare un'amica quando fa ritardo e dovete uscire, o quando non vedi l'ora che inizi il tuo programma preferito e attendi guardando qualcos'altro. Io parlo di qualcosa di diverso. Oggi ho aspettato una lacrima, che non ha neppure fatto cenno di arrivare, è rimasta tra le ciglia, a offuscarmi la vista, quando io invece avrei preferito buttarla giù. Oggi ho aspettato la persona che amo e aspettando ho capito quella frase del piccolo principe 'se tu arrivi tipo verso le 4 ogni giorno, io dalle 3 incomincerò ad essere felice' -non sono sicura dica proprio così-. Si, io mentre lo aspettavo ero felice, sono sempre felice quando aspetto lui, perchè so che per lui vale la pena aspettare, so che ne ho bisogno più di quanto abbia bisogno del cibo o dell'acqua. Quando realizzi che lui non verrà ti accorgi che il tuo posto non è più li, seduta ad aspettare che arrivi. Ed ecco qui che le voragini si aprono, e non si chiudono più, te le porti appresso per tutta la giornata; quelle voragini che sono un suo abbraccio o una sua parola avrebbero potuto ricucire. Oggi ho aspettato che iniziasse l'allenamento per mezz'ora, con la consapevolezza che oggi più degli altri giorni avrei fatto schifo. E, oggi, sto aspettando una ragione per non farmi del male, e non la trovo. Forse perchè nulla farà mai comunque più male di tutto quello che sto passando adesso, o forse perchè sono la solita codarda e l'unica ragione che so' trovare è la paura. Mi chiedo se le suore o i preti, prima di diventarlo, aspettino la vocazione oppure gli arrivi dal nulla e improvvisamente il loro destino cambi e la loro vita diventi migliore. Se fosse così anche io dovrei smettere di aspettare? Alzarmi e fare qualcosa, finalmente? 

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